Simona

Funesto Festival è un’occasione rara per affrontare collettivamente il tema della morte, qualcosa che spesso evitiamo di discutere. Abbiamo selezionato una serie di parole che potessero facilitare un dialogo aperto, personale e intimo su questo tema. Le abbiamo stampate su delle carte e abbiamo iniziato a incontrare alcuni soci e amici di Sguazzi pronti a condividere i loro pensieri. Ogni incontro è stato profondamente unico. Ciascun dialogo si è trasformato in un breve racconto e in un ritratto fotografico, offrendo uno spazio per aprire un confronto sincero su ciò che spesso rimane nascosto.

Simona

Le prime carte di Simona sono ospedale, malattia e coraggio. Simona lavora come coordinatrice infermieristica nel reparto di oncologia di un ospedale pubblico e ogni giorno è testimone di momenti che molti temono di affrontare. “Le persone non sono mai preparate alla morte, non è per nulla facile”. Parla con calma, ma le sue parole portano con sé una consapevolezza profonda: “Non siamo noi a scegliere come la vita finisce.” Il suo lavoro consiste spesso nel coinvolgere i familiari, fornendo loro le informazioni necessarie per prendere una decisione insieme al proprio caro. Una scelta che richiede sempre coraggio e consapevolezza.

Non è mai semplice parlare della morte, ammette. Le parole giuste a volte non esistono. Le persone hanno spesso una paura terribile di morire, e lo si vede subito. Non tanto nelle parole, ma nei gesti e negli sguardi. A volte, il meglio che si può fare è restare in silenzio, mostrando vicinanza con piccoli gesti.

Simona sceglie poi altre quattro carte: scelta, assenza, fiducia, amici. Inevitabilmente ricorda Alex, uno dei soci fondatori di Sguazzi, a cui il Funesto Festival è dedicato. Racconta di come l’ha conosciuto e di come si è sviluppata la loro relazione. Qui il racconto diventa fluido, ma denso e, a tratti, emotivamente faticoso. Per un lungo periodo non è stata in grado di parlarne.

Simona, insieme a Mirco, medico e amico di Alex, ha aiutato la famiglia a predisporre la casa per accoglierlo negli ultimi giorni. Una trentina di amici si sono organizzati, facendo turni giorno e notte. Grazie a questa rete di affetto e competenze, i genitori di Alex hanno avuto il coraggio e la fiducia di permettere ad Alex di trascorrere i suoi ultimi giorni a casa, circondato dalle persone a lui care.

Simona osserva che la morte non è solo tristezza. “Non la vedo come una fine”, dice con tranquillità. “È un passaggio, per chi parte e per chi resta. È un paradosso: da una parte c’è sofferenza e dolore, ma dall’altra c’è anche liberazione e rinascita. Ci costringe a rallentare, a riflettere, e ad affrontare le nostre paure con coraggio.”

Simona ricopre un duplice ruolo all’interno di Sguazzi. Fa parte del direttivo, in particolare degli “Amici del Presidente” (Adp), ed è anche Responsabile Stabile di Progetto (Rdp). In questo ruolo, si occupa del “Progetto Cannuccia”, nato nel 2016 con l’obiettivo di favorire il benessere di Alex attraverso momenti di socializzazione, condivisione e inclusione. Le attività hanno incluso cineforum, sfide culinarie, yoga, karaoke in maschera e serate di approfondimento sulla patologia di Alex insieme al medico e amico Mirco. Il nome del progetto, Cannuccia, prende ispirazione dallo strumento che Alex utilizzava per bere.

Progetto a cura di Michele Foresti