19 Nov La mia fine è il mio principio: una giornata di dialogo sul fine vita
Domenica 17 novembre, il Filandone di Martinengo si è trasformato in un luogo di riflessione collettiva, ospitando La mia fine è il mio principio, una giornata intensa e partecipata dedicata al tema del fine vita. Attraverso laboratori, letture, musica e dialoghi, Funesto Festival ha creato uno spazio per affrontare una delle questioni più delicate e spesso ignorate: la morte.
La giornata si è aperta con il laboratorio “Attraverso la morte, riscoprire la vita”, condotto da Barbara Carrai e Laura Liberale. Una trentina di partecipanti, seduti in cerchio, hanno condiviso pensieri ed emozioni, esplorando il legame inevitabile tra vita e morte. È stata un’esperienza intima e potente, un’occasione per riflettere su come vivere appieno richieda il coraggio di confrontarsi con il nostro limite ultimo.
Dopo un momento conviviale, grazie al buffet preparato dai volontari di Sguazzi, la giornata è proseguita con “L’anatra, la morte e il tulipano”, una lettura musicata per bambini. La famiglia Martinelli/Fiori ha offerto al pubblico una scheggia teatrale unica, fatta di musica, letture e poesia, ispirata all’albo illustrato di Wolf Erlbruch. Pensare che una famiglia intera abbia scelto di dedicare tempo ed energie a un’azione così poetica e delicata è qualcosa di straordinario. Il risultato è stato un momento che, con grazia e precisione, ha parlato ai più piccoli – e non solo – del tema della morte, trasformandolo in una riflessione accessibile e commovente.
Il pomeriggio ha raggiunto il suo momento più intenso con “Cosa sono le DAT?”, un incontro denso di riflessioni e significati, coordinato da Mirco Nacoti. Fin dalle prime battute, Nacoti ha sottolineato un aspetto cruciale: sebbene la legge sulle DAT sia comunemente conosciuta come “testamento biologico”, questa definizione rischia di travisarne i principi fondamentali, che sono il consenso informato e la pianificazione condivisa delle cure.
L’evento si è aperto con la lettura di alcune pagine tratte da Ciao, vado a comprare il latte, un libro che ripercorre gli ultimi giorni di Alex, figura centrale per l’associazione Sguazzi e fonte di ispirazione per l’intero Funesto Festival. Le parole di Alex hanno preparato il terreno per un intreccio di interventi simbolici e profondi: la lettura della legge 219/2017, affidata alle voci di tre generazioni – nonna, madre e figlia – ha dato corpo a un dialogo tra epoche, rappresentando il legame ciclico e universale che attraversa il tempo e connette ogni età della vita.
A seguire, il filosofo e bioeticista Luca Savarino (Membro del Comitato Nazionale per la Bioetica) ha offerto un commento denso e stimolante, intervallato dai canti vibranti e coinvolgenti del gruppo “Fuori dal Coro”. La loro performance ha aggiunto intensità emotiva, trasformando la riflessione in un’esperienza condivisa di grande impatto.
Gli interventi conclusivi della sindaca Caterina Vitali e dell’antropologo Felice Di Lernia hanno ulteriormente arricchito il dibattito. Vitali ha sottolineato quanto strumenti come le DAT possano rafforzare il senso civico e l’autodeterminazione, ma ha anche evidenziato la scarsa diffusione di queste disposizioni nella pratica quotidiana. Di Lernia, invece, ha offerto una riflessione profonda sulla società contemporanea: “La morte non è il contrario della vita,” ha detto. “La morte è il contrario della nascita. La vita è ciò che sta in mezzo.” Ha poi aggiunto: “Le DAT sono uno strumento nobilmente antistorico in un’epoca che ha rimosso tre cose fondamentali: il dolore, la morte e il futuro. Viviamo in un mondo che celebra il presente, in una bolla di consumismo che teme ciò che non può controllare. Eppure, proprio in questa nostra fragilità risiede la possibilità di ritrovare un senso più autentico del vivere.”
La giornata si è conclusa con il concerto “Ma fin est mon commencement” dell’Ensemble Silentium, ideato da Ernesto Maria Moretti, socio di Sguazzi e direttore musicale. Il titolo richiama il celebre canone di Guillaume de Machaut, simbolo della ciclicità tra vita, morte e rinascita, e ha incorniciato un programma che ha spaziato da Hindemith a Mozart, da Chopin a Silvestrov, toccando corde emotive e universali.
Il concerto ha intrecciato meditazioni sul dolore umano e sull’Assoluto, passando dall’intensità drammatica della Marcia funebre di Chopin alla dolce intimità dell’Adagio per clarinetto di Mozart. I Postludi di Silvestrov, con i loro toni sussurrati e fragili, hanno chiuso il programma riportando l’ascoltatore al silenzio da cui tutto nasce e ritorna.
Grazie alla proposta musicale di Moretti, il Filandone è diventato un luogo di contemplazione e riflessione, dove la musica ha saputo trasformare emozioni personali in un dialogo universale, perfetta conclusione per una giornata intensa e ricca di significati.
Funesto Festival, con questa giornata, ha voluto con forza suscitare domande, creare spazi di confronto e rimettere al centro la riflessione sul vivere e sul morire. Come ha detto Felice Di Lernia: “La morte è un’unità di misura: avvicinandola, ciò che sembrava grande può diventare piccolo, e ciò che sembrava piccolo può rivelarsi immenso.”
Non è solo un festival, ma un viaggio collettivo per riconsiderare ciò che conta davvero nella vita.