Paola e Paolo

Funesto Festival è un’occasione rara per affrontare collettivamente il tema della morte, qualcosa che spesso evitiamo di discutere. Abbiamo selezionato una serie di parole che potessero facilitare un dialogo aperto, personale e intimo su questo tema. Le abbiamo stampate su delle carte e abbiamo iniziato a incontrare alcuni soci e amici di Sguazzi pronti a condividere i loro pensieri. Ogni incontro è stato profondamente unico. Ciascun dialogo si è trasformato in un breve racconto e in un ritratto fotografico, offrendo uno spazio per aprire un confronto sincero su ciò che spesso rimane nascosto.

Paola e Paolo

Paola e Paolo siedono uno accanto all’altro, affrontando insieme pensieri e ricordi. Paola riflette su un’esperienza diversa dalla perdita di un genitore, non avendo ancora vissuto quel tipo di dolore. Ha perso due persone care, ma non vicinissime. Quando pensa alla morte, si scopre a cercare un legame profondo con le sue radici, con quella che considera la sua “casa” – un insieme di persone che hanno influenzato profondamente la sua vita. Chi non c’è più per lei non scompare del tutto: “Sono come spiriti”, dice, “presenze impalpabili che tornano nei gesti della quotidianità”. A volte è un oggetto, come i doni creati dal migliore amico di suo padre, un artista, che si caricano di significati nel tempo. Altre volte è un’azione semplice, come preparare il ragù, che le ricorda l’amata zia che l’ha cresciuta. Questi momenti rendono vive quelle assenze, trasformando il ricordo in qualcosa che muta e si adatta alla vita presente. “Mi piace pensare che siano sempre con noi”, riflette.

Paolo, al contrario, si descrive come “impreparato” di fronte alla morte. Da ingegnere, abituato a organizzare e prevedere ogni cosa, confessa che questa incertezza va contro la sua natura. “Di fronte alla morte, il mio essere ingegnere vacilla”, dice, eppure non sente di poter preparare nulla in anticipo. L’unica esperienza di perdita che ricorda davvero è quella di sua nonna, morta sedici anni fa. Dormiva spesso a casa sua, e la considerava una seconda madre. Ricorda che erano appena tornati dalle vacanze quando lei se n’è andata, come se l’avesse aspettato. Riflette anche su Alex, che secondo lui è riuscito a trovare il modo migliore di andarsene: “È riuscito a salutare tutti, e sono convinto fosse cosciente di chi aveva di fronte”.

Paola fa una pausa e spiega perché non ha citato Alex finora. “È una storia delicata, faticosa”, dice. Ma per lei, Alex è presente. A volte è un pensiero spontaneo, come quando pensa all’India o quando pensa a un tecnico informatico, legami che considera essenziali. Per Paolo, Alex era una persona di molti silenzi, quasi uno spettatore, sempre lì in una presenza discreta ma forte. Anche ora lo sente in quel ruolo di osservatore, un “collante” per tutti loro.

Paola confida che spesso pensa alla morte quando è in auto, dopo un brutto incidente che l’ha segnata un anno e mezzo fa. “Mi sono resa conto di quanto siamo appesi a un filo”, dice. Forse è proprio questo a renderla così avida di vita, una lezione che sente di aver appreso anche da Alex.

Paolo, invece, ammette di pensare poco alla morte. “Allontano questa idea”, dice con naturalezza. Forse perché è prudente per carattere: preferisce sempre la strada meno rischiosa, quella che sente più sicura.

Paola è parte di Sguazzi dal 2006, quasi dalla fondazione. Si è occupata di comunicazione, sia istituzionale che per alcune edizioni di In Necessità Virtù, e ha fatto parte del direttivo negli anni di presidenza di Roberto Dossena e Rossella Dorini.

Paolo ha iniziato a frequentare Sguazzi grazie agli eventi dedicati alle famiglie e alle iniziative intorno alla figura di Alex. Ha collaborato con Alex nell’organizzazione delle serate cinematografiche e goliardiche del progetto Cannuccia.

Progetto a cura di Michele Foresti